jump to navigation

l’anno dei sogni dicembre 31, 2009

Posted by pagineonlife in società.
Tags: , , , , , , , , , , , , , , , , ,
add a comment

L’anno se ne va e muoiono i sogni. I miei e anche quelli di tanti. Ho ancora in mente le parole di Obama contro guerre e torture, per l’integrazione e la pace, scopro invece che un ragazzetto nigeriano ricco e insicuro ha ridato fiato a chi predica vendette e lotta al terrore. In uno scontro tra civiltà e integralismi che non mi appartiene e non condivido. Il brutto di questo fine anno è che Obama ha abboccato dimenticandosi quanto aveva detto al Cairo e mentre in Iran si fa strage di democrazia e in Russia Putin rilancia la politica degli armamenti.

Quando ero bambino la domenica mia madre ci vestiva a festa, camicia bianca, calzettoni colorati fin sotto il ginocchio, pantaloncini corti anche d’inverno, montgomery color testa di moro, come si diceva allora. Andavamo tutti a messa, tutti meno mio padre che restava fuori ed entrava solo per sentire la predica del prete. Per capire, commentare e giudicare. Di altro a lui non importava. Ecco forse bisognerebbe fare come mio padre, ritornare ad usare la ragione e non la fede. Qualunque fede.

A proposito di sogni traditi è di pochi giorni fa il ventennale della caduta del regime di Ceausescu. Da Bucarest Paolo Rumiz racconta di una manifestazione di protesta e di uno striscione con la scritta “Libertà”. Scrive che sono un centinaio, e che marciano scortati da un’auto della Polizia col lampeggiante. Chiede contro chi protestano. E si sente rispondere: «Contro i comunisti che governano». Poi, alla domanda che cosa stanno celebrando, gli rispondono che celebrano «la fregatura dell’unico Paese dell’Est dove troppo è come prima».

Anche io ero stato in Romania qualche anno dopo “la rivoluzione”. Ho rovistato tra i miei ricordi ed è saltato fuori un mio vecchio articolo scritto per il Messaggero ma che non venne mai pubblicato. Era il 18 dicembre 95; ecco qui quello che scrissi allora da Timisoara:

“Centinaia di morti, nessun colpevole” è scritto su uno striscione davanti alla cattedrale ortodossa di piazza dell’Opera. Lo tengono due uomini. E con loro, in processione sotto una grande croce, ci sono un migliaio di persone, vecchie donne con i fazzoletti neri in testa, giovani con il colbacco. In alto sulle case sventolano le bandiere rumene: blu, giallo e rosse, un buco al centro là dove prima c’era lo stemma del vecchio regime di Ceausescu: la spiga, il trattore, le montagne e il sole rosso. Sei anni sono passati. Traditi in questi sei anni tutti gli ideali di questo popolo: stoffette nere sulle aste delle bandiere. “Si prepara un’altra rivoluzione” dice Nicolai Dide uno dei cinque segretari del partito democratico, ex ministro estromesso nel ’92.

Domenica mattina. Accende due candele in piazza settecento la mamma di Radian Belici eroe ucciso da una fucilata sparata dagli uomini della milizia. Altri ceri accendono davanti alle croci e alle lapidi di Timisoara i parenti e gli amici delle vittime. Le cifre sono scritte sulle strisce di stoffa appuntate con gli spilli sui cappotti di uomini e donne: 44 carbonizzati, 113 uccisi dalle pallottole, 393 mutilati, 860 arrestati e torturati. Ma sono cifre ufficiali, ben più alti i numeri della strage cominciata il 17 dicembre ’89, quando la milizia ha aperto il fuoco contro una popolazione che chiedeva libertà ed elezioni democratiche. Chi sono? Quanti sono i cadaveri stivati nei tir come carne macellata e portati negli inceneritori di Bucarest? Rivoluzione tradita, centinaia di morti nessun colpevole. Rivoluzione che non ha cambiato nulla. Opinione di tutti in questa piazza dove le autorità hanno appena deposto le corone di fiori e che presto, quando sarà notte verranno tolte dalla gente, da quelli che dicono: “Iliescu era il numero due di Ceausescu”. Vasil Cercel, trent’anni: “La milizia è diventata polizia, la securitate è diventata servizio di informazione. Da allora sono cambiati i nomi e io posso parlare mentre due poliziotti sono a pochi metri di distanza, ma per il resto il sistema Iliescu è come il sistema Ceausescu. “E i bambini in strada continuano a chiedere l’elemosina” dice Joan Bacho, 48 anni, mungitore, anche lui qui in questa piazza, mentre dalla cattedrale escono i preti in processione, mentre scendono dai gradini che sei anni fa si macchiarono del sangue di donne e bambini. Cristianos Aspasos: “Torneremo in piazza, eravamo migliaia, saremo di nuovo migliaia”.

Scalda il sole oggi nel sesto anno della rivoluzione, mentre la vita prosegue male, mentre i ricordi sono ferite aperte. E il futuro è l’annuncio di una nuova protesta. Ancora Nicolai Dide: “La Romania sta diventando come un paese del Sud America, un due per cento ricchissimi, tutti gli altri poverissimi. Poco, forse nulla è cambiato. Gli ex segretari del Pc sono diventati prefetti, aziende come la Umt, la Cftb e la Faur hanno gli stessi direttori di allora. Questa era un rivolta anticomunista soprattutto, la rivolta è fallita. Chi era al potere prima è al potere anche oggi. A trenta chilometri da qui tre anni fa c’è stato il terremoto, la gente vive ancora sotto le tende, poi c’è stata l’alluvione, tanti mangiano la terra. Di più non c’è”.

Prega la gente nel sesto anno della rivoluzione tradita. Un ragazzo pachistano che qui al tempo di Ceausescu studiava medicina adesso dice: vuoi sigarette? vuoi donne? vuoi droga? vuoi armi? E Maria studentessa che quasi tutti i giorni arrotonda lavando le macchine dei ricchi ti chiede qualche lira per mangiare; il giovane Mario ti chiede di non scrivere il suo nome perché ancora oggi minacciano di uccidere la sua famiglia e i suoi piccoli figli. Intanto cinquanta bambini in piazza del mercato di giorno si fanno con la colla e di notte scendono a dormire sotto terra, nelle fogne, tra i topi. Trentottomila sono le Srl in questa città a sei anni dalla rivoluzione, qualche centinaio i ricchi; poveri, traditi, disillusi tutti gli altri che se mangiano capita una volta al dì. Mentre ha le pompe di benzina in Serbia l’ex capo della sicurezza al tempo di Ceausescu Radu Tino, mentre fa affari e bene se la passa Valenti Giuca che sei anni fa con i suoi Tir faceva sparire per conto del governo di Ceausescu i cadaveri falciati per le strade. “Iliescu come Ceausescu” dice la gente, tutta la gente in piazza dell’Opera nel sesto anno della rivoluzione tradita”. Era il 1995, più che mai attuale.

Appunti:
da leggere: Lontana Timisoara Luca Peretti da Il Manifesto

Vent’anni dopo Rumiz da La Repubblica

Ho appena acquistato “Veleni di Stato” di Gianluca Di Feo. Nel retro della copertina una frase di Albert Einstein : “Io non so con quali armi sarà combattuta la Terza guerra mondiale, ma so che la Quarta guerra mondiale sarà combattuta con pietre e bastoni”. Dick Chaney diceva che la guerra al terrore durerà almeno un secolo. Guai per tutti se si avvera…davvero non vorrei trovarmi nel mondo immaginato dalla scrittrice britannica Phyllis Dorothy James nel suo “I figli degli uomini (Children of Men)” e raccontato al cinema da Alfonso Cuarón: …2027, la razza umana sta per estinguersi… Londra è infestata da frange nazionaliste violente che vorrebbero mandar via dall’Inghilterra tutti gli immigrati…

Auguri